La fibra alimentare, nelle sue diverse strutture chimiche, non è completamente digerita dall’uomo, ciononostante la sua funzione fisiologica è rimasta immutata nel tempo e, oggi, assume un ruolo centrale nel mantenimento del benessere dell’organismo umano.
Pur non potendosi considerare un nutriente, la fibra alimentare esercita effetti di tipo funzionale e metabolico che la fanno ritenere indispensabile nell’alimentazione abituale della popolazione sana. Allo stato attuale delle conoscenze, essa sembra influire sulla dieta con quattro azioni specifiche:
1. La diluizione energetica e il potere saziante, rappresentano due fattori in grado di ridurre il carico calorico del pasto, quindi utili per il controllo dell’eccesso ponderale.
2. La diminuzione dell’assorbimento intestinale dei grassi, grazie all’interruzione del ricircolo enteroepatico dei sali biliari, porta a ridurre l’aterogenicità della dieta e le complicanze metaboliche da essa derivate.
3. La modulazione dell’assorbimento intestinale dei carboidrati, grazie alla riduzione dei coefficienti di trasporto dei soluti dal lume all’epitelio, aiuta nella prevenzione dell’iperglicemia.
4. L’aumento della fermentazione intestinale e la selezione di specie microbiche probiotiche, con aumento nella produzione e nell’assorbimento di metaboliti microbici, con effetto locale e sistemico, produce il mantenimento di un ecosistema intestinale fisiologico.
Per i soggetti sani dunque gli effetti sull’organismo di un adeguato intake di fibra sono:
– Aumento del senso di sazietà
– Miglioramento della funzionalità intestinale
– Aumentata frequenza delle evacuazioni
– Feci più voluminose
– Modificazione della flora intestinale
– Aumentata escrezione degli steroli fecali
– Riduzione della pressione sigmoidale nel colon
Le fibre sono considerate determinanti nella regolazione delle funzioni intestinali e nella prevenzione e cura di alcune patologie intestinali, determinando i seguenti effetti sull’organismo:
· miglioramento dei disturbi intestinali (stipsi, diverticolosi, sindrome del colon irritabile)
· riduzione del rischio per importanti malattie cronico – degenerative (tumori al colon-retto) in parte spiegata dalla diluizione di eventuali sostanze cancerogene e dalla riduzione del loro tempo di contatto con la mucosa
· riduzione del rischio di diabete e delle malattie cardiovascolari, conseguente alla una riduzione dei livelli ematici di colesterolo
Esistono diverse documentate relazioni tra aumentato apporto di fibra e ridotto rischio patologico.
In paesi industrializzati, i gruppi di popolazione che hanno seguito una dieta ad alto contenuto di fibra, in base alle linee guida per una sana e corretta alimentazione, hanno ridotto il rischio di malattie del colon, di malattie endocrino – metaboliche e di altre importanti affezioni.
La fibra diluendo eventuali sostanze cancerogene e il loro tempo di contatto con la mucosa intestinale, i livelli ematici di colesterolo avrebbe un effetto preventivo nelle malattie metaboliche e cardiovascolari. Inoltre, avrebbe numerosi effetti indiretti sull’organismo umano. La maggior parte delle fibre che assumiamo non vengono digerite dall’organismo umano ma con il contributo di batteri anaerobi ne viene demolita la sua struttura con la produzione di metaboliti importanti per l’ecosistema del colon e per il metabolismo: acidi grassi a catena corta (acidi acetico, lattico, propionico e butirrico), idrogeno, metano, anidride carbonica e acqua.
Motilità, assorbimento,immunocompetenza e funzione neuro-ormonale rappresentano le funzioni principali dell’intestino, sulle quali la diverse fibre mostrano altrettanto specifiche azioni. La relazione tra ruolo terapeutico della fibra e la patologia dimostra spesso un’interazione complessa.
Per quanto riguarda la motilità, una diminuita assunzione di fibre si correla positivamente alla malattia da reflusso gastro-esofageo, cui spesso si associa la sindrome del colon irritabile (IBS). E’ stato dimostrato nel 70% dei pazienti con dispepsia funzionale, o con rallentato svuotamento gastrico spesso associato a rallentato transito intestinale, il miglioramento della stipsi porta a migliorare la sintomatologia dispeptica.
La fibra avrebbe poi un ruolo nell’assorbimento e nell’immunocompetenza: in base alle sue caratteristiche strutturali, la fibra ha diversa capacità di disperdersi in acqua, di formare soluzioni ad elevata viscosità, di essere metabolizzata da parte della microflora intestinale. Fibre solubili, viscose e altamente fermentescibili – quali ad esempio pectine e mucillagini – agiscono sull’assorbimento dei nutrienti e sulla produzione di metaboliti batterici, ma mostrano un effetto limitato sull’escrezione fecale. Fibre prevalentemente insolubili – ad esempio crusca di frumento – non sono in grado di modulare in modo efficace l’assorbimento di nutrienti, ma contribuiscono alla produzione di feci abbondanti, ben formate e di aumentare la velocità del transito intestinale.
Un’ultima ma non meno importante funzione è quella neuro-ormonale: gli ormoni agiscono direttamente a livello del sistema nervoso centrale e a livello delle terminazioni sensitive, modulando non solo la sensazione di fame e sazietà, ma anche la motilità, la secrezione degli enzimi digestivi, l’assorbimento dei nutrienti, la distensione viscerale e la sensazione post-prandiale: un sistema di regolazione e di controllo quanto mai complesso e molto sensibile. Forse è per questo che ad una normalizzazione delle funzioni intestinali si associa la piacevole sensazione del benessere percepito! Pazienti, che hanno stipsi e rallentato transito intestinale, mostrano un’alterata secrezione post-prandiale di ormoni (gastrina, motilina, neurotensina, colecistochinina, somatostatina, polipeptide pancreatico e peptideYY).
Le fibre in questo contesto avrebbero un importante effetto terapeutico. Per esempio:
– gomme, mucillagini, pectine: diminuiscono lo svuotamento gastrico, aumentano il transito intestinale, diminuiscono la velocità di assorbimento dell’intestino tenue (per es. glucosio e acidi bliari)
– crusca di frumento, contenuto di pentosani, miscela di polisaccaridi e lignina: aumentano lo svuotamento gastrico, diminuiscono il transito intestinale, aumentano la massa fecale
– lignina, fibre miste con pectina: aumentano la produzione di steroidi fecali, di grassi fecali e le perdite di azoto (lievi), diminuiscono inoltre i radicali liberi ne tratto digerente
La fibra ha quindi dei benefici notevoli sull’organismo, il quadro patologico correlato alla scarsa assunzione di fibre, evidenzia ampiamente il loro ruolo funzionale nel mantenimento della salute e la corretta assunzione ne evidenzia i notevoli benefici: ma quali sono allora le linee guida per un corretto intake?
La fibra si divide, in base alla capacità di essere assorbita dall’organismo, in idrosolubile e insolubile e quindi non considerare la quantità di fibra necessaria bisognerebbe stimare non solo la quota globalmente assunta ma che le sue frazioni della stessa che ogni alimento contiene e che purtroppo ad oggi non è stimabile in modo preciso con le metodiche analitiche disponibili.
I LARN suggeriscono un assunzione di 30 g/die da modulare in funzione all’età e alla diversa tolleranza della fibra stessa. Nello specifico:
Fabbisogno dell’adulto: si può indicare la necessità di aumentare l’assunzione di fibra per un 15-20% rispetto al valore attuale ricavato dagli alimenti mediamente consumati dagli italiani.
Fabbisogno accrescimento: nei gruppi di popolazione di età estrema (bambini e anziani) la tolleranza a livello gastrointestinale, è variabile. Un apporto di fibra troppo alta potrebbe determinare il problema della chelazione di sali minerali o, comunque, la perdita di nutrienti per altri fenomeni d’interazione. Nei bambini, è necessario tener conto di questi problemi e, nel contempo, consentire il graduale raggiungimento dell’obiettivo della quota raccomandata nell’età adulta. Nello specifico, per l’età pediatrica, i LARN auspicano una quota in g/die di fibra, che può essere calcolata ipotizzando un valore compreso nell’intervallo tra l’età anagrafica maggiorata di 5 e l’età anagrafica maggiorata di 10, in alternativa si può raccomandare un apporto di fibra pari a 0,5 g/die per kg di peso. In particolare il raggiungimento delle quote necessarie di fibra può essere raggiunto semplicemente incoraggiando il consumo abituale di cereali, legumi e verdure. Già nel corso del divezzamento si possono introdurre quantità sufficienti a garantire la futura accettazione di un corretto regime alimentare, quindi sin dal primo anno di età.
Fabbisogno anziani: valgono le stesse considerazioni relative all’adulto, con un apporto ottimale di 30 g/die. Deve essere però valutata con molta attenzione la tolleranza a livello gastro-intestinale, per la maggior frequenza delle patologie intestinali e per gli eventuali problemi di malassorbimento e, in generale, per le patologie a carattere cronico. L’incremento a valori ottimali deve essere graduale e orientarsi sulla qualità della fibra, più che sulla quantità, in funzione dell’obiettivo clinico preposto.
Uno studio di 10 anni di un gruppo italiano facente capo all’INRAN – Istituto Nazionale della Nutrizione – ha rivelato come la media, il consumo di fibra tenda a crescere: dai 21 g/die nel 1981 ai 25 g/die nel 1990. Tuttavia gli stessi autori concludono che il consumo di fibra nella nostra popolazione è in aumento ma non è ancora al livello minimo richiesto dagli standard internazionali (almeno 25 g/die) e inoltre, il costume alimentare è indirizzato verso generi “raffinati” secondo il modello comportamentale di stampo edonistico (dolci e biscotti).
La quota “terapeutica” di fibra (25-35 g/die) è difficile da conseguire, anche prevedendo la norma comportamentale di assumere mediamente più di 800 grammi tra frutta e verdura al giorno, e, comunque non è tale da indurre un effetto prevalente. Nel rispetto del target, possono essere accettate quantità inferiori di frutta e verdura solo introducendo cereali integrali. In tal caso aumenterebbe la quota relativa alla frazione insolubile, quella a base di cellulosa e lignina, riducendo la “potenzialità” terapeutica della dieta all’interno di un cluster più ristretto di patologie.
Rimane quindi ancora aperto il quesito riguardante la necessità di introdurre in prevalenza quella fibra che risulta più mirata al target patologico. Quest’ultima considerazione costituisce un punto discriminante nella realizzazione dei regimi dietetici per la sindrome del colon irritabile o IBS.
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